Caro Amico mio,
se n’è andata un’altra domenica e la mia malinconia per la tua assenza non accenna a placarsi.
E’ come un lento stillicidio che mi perfora le membra, nel ricordo di quello che eri allora e che oggi nessuno ti riconosce di essere stato.
La prima volta che ti incontrai sapevo che saresti diventato importate, come nient’altro è mai stato in seguito.
Sicuramente non per caso, ci ritrovammo in un catino avvolto da un’aura magica; quel giorno era stracolmo fino all’inverosimile.
Estasiato, osservavo intorno a me quella strana e indescrivibile marea di gente apparentemente innocua.
Accidenti!,,,,,doveva pur esserci un nesso nella presenza contemporanea di tutte quelle persone lì attorno a me!.
La partita ebbe inizio, ma ciò che mi colpì più d’ogni altra cosa, fu il colore delle divise di una delle due compagini che si sfidavano.
Avevano i calzoncini neri con le maglie completamente rosa.
Non c’erano loghi, non c’erano serigrafie, non c’erano marchi.
Erano talmente belle e pure che risaltava ancor di più il palpito del cuore di ogni giocatore, in simbiosi con l’ardore che trasudava dagli occhi di quei tifosi.
I sapientoni sostengono che la felicità è fatta solo di istanti.
Per me fu la prima volta, da che la conobbi sotto quelle mentite spoglie.
Il boato roboante di quell’immensità tuonò all’unisono e un’incontrollabile overdose di adrenalina mi pervase senza controllo : ero pietrificato a tal punto che soltanto gli occhi dentro le orbite riuscivano a muoversi da soli.
L’olezzo della gioia pareva un profumo sopraffino.
Sai, oggi sono un arbitro, in seno ad una maturazione generazionale che ha portato con se il fantasma di Brera e la moviola di Sassi.
Tempo fa potevamo solo ipotizzare dove piazzare la telecamera per osservare meglio un’immagine rallentata.
Pensa, per non impazzire di nostalgia ho installato sul telefono cellulare, la suoneria di 90°MINUTO con lo sfondo di Paolo Valenti.
Come arbitro mi resta ben poco,,,,,,,,,,oltre che rimpiangere il passato. Possibile che quella divisa tutta nera potesse dare solo a me l’effetto di rispetto e marzialità?!
Oggi vedo godere i miei colleghi più giovani, identificandosi in un neurone psichedelico che cerca di abbellirsi correndo dietro a scapuzzelli,,,,,,,,,,,,e agghindandosi di tutto punto rigorosamente con il fischietto in tinta.
Amico mio, se decidessi di tornare qui da noi, Ti prego di portare anche l’erba di una volta; si! proprio quella che appena rasata veniva voglia di essere assaggiata e condita con tre gocce di aceto balsamico. E se poi arbitravi la sera,,,,,,,,,,uhmmmm, com’era eccitante quell’essenza di freschezza che rendeva la partita ancor più bella.
Nella migliore delle ipotesi, adesso Ti dovresTi accontentare dell’erba sintetica,,,,,,,,,,so che Ti scappa da ridere, ma fai uno sforzo per comprendere,,,,,,,,,,,,,Tu sai che si può godere anche su un campo sterrato.
Sappi ancora un’altra cosa : benché oggi i campi siano tutti recintati, le buschiamo di santa ragione più di prima,,,,,,,,,e non mi chiedere come possa essere possibile : lo è e basta.
Io non Ti ho mai biasimato se Te ne sei andato in quel modo; così come fecero con gli appellativi dei “commissari” e dei “guardalinee”,,,,,,,,,,,, nell’indifferenza assoluta. Oggi non sono molti coloro i quali hanno voglia di ricordare i tempi che furono.
Ma in fin dei conti non sono il solo nostalgico a potermi vantare di questo privilegio. Io ho un vantaggio: ho conosciuto Te, un grande amico il cui nome e cognome era GIOCO DEL CALCIO.
Oltre ad averTi diretto, sicuramente posso asserire di averTi vissuto con l’anima.
Grazie di tutto, amico mio.
Il Presidente Gioacchino Annaloro